Di Empedocle agrigentino, il primo filosofo a teorizzare i quattro elementi, si racconta che sapesse suscitare e fermare i venti. E che un giorno sia salito sull’Etna. Sull’orlo del cratere restò solo il suo calzare di bronzo. Etna, anni ’80
Di Empedocle agrigentino, il primo filosofo a teorizzare i quattro elementi, si racconta che sapesse suscitare e fermare i venti. E che un giorno sia salito sull’Etna. Sull’orlo del cratere restò solo il suo calzare di bronzo. Etna, anni ’80
La signora sferruzza sulla porta del bagno 115 e guarda gli aquiloni. “Mi piacciono tanto. Quando eravamo piccoli li facevamo con la carta di giornale, le canne tagliate in quattro, e la colla fatta con la farina. Andavamo su, alla rocca Malatestiana. Ma bastava un colpo di vento e s’impigliavano sui fili della luce. E dovevamo ricomnciare daccapo: carta, canne e farina”.
Ninfeo di Erode attico, 1988. Olimpia, Grecia Per godersi Olimpia bisogna pernottare, e levarsi all’alba. Di giorno è un continuo andirivieni di pullman, frotte infinite di turisti e guide. Di giorno conviene andare al museo, meno frequentato, ad ammirare ciò che resta.
Ossario del monastero di Dionisio, 2009. Aghion Oros (monte Athos), Grecia Sulla penisola del monte Athos dalle coste impervie e scoscese, all’estremo lembo orientale della penisola calcidica, sorgr una ventina di monasteri e alcuni piccoli villaggi della comunità ortodossa.
La Grecia è un pugno di montagne scagliate nel mare. Ed è straordinario, forse unico che chi ha vissuto costretto tra montagne e mare non abbia sviluppato quella insularità aspra che caratterizza regioni simili bagnate dal Mediterraneo, almeno in antichità, e abbia sviluppato una civiltà che ancora ci nutre.
Il signor cestaio. Volax, Tinos, 1989. Nel cuore di Tinos, a discreta altitudine, si trova una vallata pietrosa costellata da rocce granitiche tondeggianti. La leggenda vuole siano piovute dal cielo, e in effetti vi si respira un’aria vagamente lunare. Al termine della strada c’è un crocchio di case sparse a caso, come un lancio di dadi.
Monastero di Kechrovouni, Tinos, luglio 1989. L’icona miracolosa di Tinos, la Megalochari -Grazia infinita, tradurrei- è un ritrovamento recente, dell’Ottocento. Ma è considerata antichissima, addirittura precedente la lunga, secolare stagione bizantina. Studiosi affermano con convinzione che l’abbia dipinta proprio Luca, l’Evangelista. Anche il ritrovamento ha del miracoloso.
Sono gli ultimi metri, gli ultimi metri da fare carponi. Restano la gradinata, uno spiazzo, un’altra gradinata, e poi sarà nel santuario. La signora ha già percorso così quasi un chilometro dal porto. Sempre a quattro piedi, cercando di appoggiare le ginocchia sulla gonna per evitare di spellarsele sino all’osso. Le più attrezzate giungono con i paraginocchia, ma lei no. Forse per ingenuità -magari è il primo pellegrinaggio- forse per il voto promesso. Camminare a quattro piedi per quasi un […]
1988, più di trent’anni fa. Uno splendido viaggio compiuto con i mezzi locali, che quasi meriterebbero un libro. Non so con esattezza dove si trovi questa chiesa, che fu una rivelazione, se non da qualche parte nel Peloponneso, tra Nauplia, Tripoli, Olimpia, o qualche altro luogo ancora.
Uomo di poche parole, Nagasawa, e disarmante. Suo nonno, mi raccontava, scriveva haiku. Lui sarebbe ancor più asciutto, se scrivesse. Le sue opere, per quanto imponenti, sono silenti e spesso enigmatiche, nella loro disarmante semplicità. Ieri, chiudendo l’anno accademico dell’Accademia di Ravenna, s’è soffermato sulle domande senza risposta, e sull’ombra, tema caro un tempo al mondo giapponese che Tanizaki ha celebrato in un saggio. “Anche l’ombra –ha concluso ricordando un passo del vangelo di Luca (1, 35)– è luce“.
Quando Dioniso cavalcava i leopardi, tra gli ampî delta pescosi e i bacini palustri sulle rive del Mediterraneo viveva una genìa d’uomini poco numerosa e taciturna. Sul volto recava la calda impronta della terracotta, vene di granito affioravano sulle loro braccia.
Signora, posso farle una foto? Quella domenica avevo cominciato a far foto prima dell’alba, sinché le campane m’avevano attirato verso una chiesetta del paese vecchio, Chora. I Patmioti cominciavano a sciamare, dopo la liturgia, col pane benedetto che avrebbero mangiato nel corso della settimana.
Le origini dei trulli non sono ben chiare, ma sembra che nel Seicento un Serbelloni Mazzanti Vien dal mare, precisamente il conte Giangirolamo II Acquaviva Orsini Del Balzo D’Aragona, abbia imposto di costruire senza cementi. Così avrebbe aggirato il divieto di costruire nuove città senza il permesso del re, e perciò avrebbe imposto la costruzione a secco: per poter consentire la rimozione degli edifici in caso di controlli. .
Nelle stagioni fredde il mare ogni tanto va via, sparisce, si ritira anche per centinaia di metri. Nella sua ritirata prepotente il mare inventa una nuova geografia, modella catene montuose, altopiani, fiumi e canyon. Allora, d’un tratto, un popolo si riversa su questa nuova terra effimera.
Casalborsetti – Il mare soffoca ogni estate sotto l’orda d’abbronzanti, ma in autunno torna a respirare, a mostrarsi come immensità, e chi lo ama torna a frequentarlo in solitudine. Così, passeggiando, d’un tratto scorgo un quadro di Friedrich, il Monaco sulla spiaggia, vivente, domestico.
Come ti chiami? S’è seduto al tavolo accanto al mio, ha ordinato un bicchiere di vino. Tutti, intorno a lui, conversano. E io sono solo. Quindi si rivolge a me, e intavola un discorso. Mario.. Mario? Mario… cioè Qemal. Kemal? Come Atatürk? Sì, come lui, grande uomo Atatürk! . Qemal Sak… da Durazzo, Albania.